Gabriele Ingegneri, Storia dei cappuccini della provincia di Torino (Bibliotheca seraphico-capuccina, 86), Roma, Istituto Storico dei Cappuccini, 2008. 24 cm., 623 p., ill. ISBN 978-88-88001-53-1 (€ 40,00)
La rapida espansione seguita al riconoscimento della loro nuova famiglia religiosa portò i cappuccini in Piemonte, da dove proveniva Bernardino d'Asti, una delle figure principali dell'ordine, già nella prima metà del Cinquecento. La primitiva organizzazione territoriale vide i conventi piemontesi legati alla provincia ligure fino a quando, a inizio del secolo XVII i duchi di Savoia riuscirono ad avere il dominio, piú o meno sicuro, su gran parte del Piemonte e nel loro compito di riorganizzazione cercarono anche l'aiuto della chiesa. I cappuccini, che già dalla fine del Cinquecento si trovavano impegnati nell'opera di arginamento della propaganda protestante e di ricupero al cattolicesimo nelle valli del cuneese, ebbero allora (1619) autonomia organizzativa e libertà di espandersi, giungendo a contare una quarantina di conventi e una ventina di case di missione. La vicinanza della Svizzera e del Delfinato, fortemente influenzati da presenze protestanti, condizionarono la vita della provincia e ne fecero una zona di frontiera. L'impegno nelle case di missione, durato fino a inizio 1800 con il coinvolgimento di circa due terzi dei religiosi, divenne la strada per un impegno precoce, rispetto alla restante realtà cappuccina italiana, nell'apostolato della confessione, ma anche nella diffusione della predicazione delle missioni popolari, altrove spesso totalmente assente e perfino della amministrazione dei sacramenti degli infermi. Nel volume si ricostruiscono le vicende storiche della provincia, con la propagazione dei conventi e i momenti delle soppressioni e delle riprese fino alla situazione attuale, problematica per i cappuccini torinesi e per tutto il mondo ecclesiastico. Particolare attenzione viene dedicata agli importanti aspetti della vita quotidiana, dell'organizzazione degli studi, della cultura, dell'arte nei poveri conventi e chiese, delle missioni in Europa, e in quelle ad gentes in Asia e Africa, per le quali basta ricordare il nome del card. Massaja. Non mancano le segnalazioni di alcuni dei religiosi che hanno illustrato la vita della provincia, vescovi e superiori generali soprattutto, fino al recente Secondo Pastore († 1984), fine studioso e artista la cui figura attende di essere studiata.