Servus Gieben, L'Albero Serafico e Carlo de Arenberg (Iconographia franciscana, 17), Roma, Istituto Storico dei Cappuccini, 2008. 24 cm., 212 p., ill. (€ 26,00) ISBN 978-88-88001-57-9
L'immagine del Lignum vitae ha avuto grande fortuna nella letteratura e nell'arte cristiana e ha influenzato pure il mondo francescano. In un articolo del 1964 padre Emilio de Sollana espose alcuni appunti sul concetto di Albero nella Sacra Scrittura e nella liturgia e sull'influsso del Lignum vitae di san Bonaventura nella letteratura e nell'arte per recensire poi le figure di sedici distinti Alberi Serafici. In questo studio si esamina uno dei piú noti Alberi Serafici, attribuito al genio di Carlo de Arenberg, celebre curatore dei Flores Seraphici. L'Albero, intitolato Epilogus totius Ordinis Seraphici P. S. Francisci, fu pubblicato nel 1650 da Giovanni A. Le Poutre ad Anversa, ristampato nel 1739 e nel 1866 e, in un'ultima edizione largamente diffusa dai cappuccini, nel 1881. Accanto a questo si studia l'Albero Serafico pubblicato da fra Vitale di Alcira; la grande incisione porta lo stesso titolo: Epilogus totius Ordinis Seraphici P. S. Francisci e fu incisa e stampata da Peeter de Jode I di Anversa, con dedica e approvazione del 1626. Le due opere presentano una rassomiglianza impressionante, al punto che Hildebrand van Hooglede ha potuto affermare che quella del 1650 non è altro che un'edizione aggiornata dell'Epilogus del frate spagnolo. Con l'Epilogus del 1626 viene presentato un progetto manoscritto in strettissima relazione con esso. L'autore è Giovanni de Montoya, lo stesso che dedica l'Epilogus all'Ordine dei cappuccini e rivendica la paternità della raccolta dell'immenso materiale conoscitivo contenuto nell'Albero. Il confronto ravvicinato tra i due Alberi e sullo studio preparatorio offre un importante contibuto per fare un po' di luce sull'origine di queste opere.